Approcciarsi al gioiello d’epoca non solo nella sua valenza estetica, ma anche nel suo aspetto storico ed antropologico, è stato l’incipit dell’incontro organizzato da “Amici dell’Arte e dell’Antiquariato” presso la galleria d’arte Le Cicale Antiquariato di Torino il 18 maggio c.a., nell’ambito del ciclo “Aperitivo d’arte”.
Un pubblico attento e curioso di incamminarsi in un percorso insolito attraverso il mondo dei monili antichi. Un mondo che – come ho avuto modo di constatare – ha sempre esercitato un fascino immediato; quello inglese di epoca vittoriana, poi, più che mai: un’ampia gamma di gemme, materiali spesso provenienti dagli innumerevoli possedimenti coloniali, e tecniche d’esecuzione sovente sconosciute alla tradizionale arte orafa italiana.
In particolar modo, un filone – tipica espressione della gioielleria “sentimentale” ottocentesca – ha da sempre attratto la mia attenzione e di rimando quella del pubblico: i gioielli da lutto, la cosiddetta “Mourning Jewellery”.
Alla morte del Principe Consorte, Alberto di Coburgo Sassonia, la Regina Vittoria, per fare memoria della sua scomparsa, oltre che vestire rigorosamente di nero, iniziò ad indossare delle parure di gioielli anch’esse di colore nero.
I materiali erano principalmente l’onice (pietra dura di un nero brillante), lo smalto e il “jet”. Quest’ultimo rappresentava una vera e propria insolita curiosità: si trattava di lignite, cioè carbone fossile, molto leggero ed assai duttile per la sua lavorazione ad intaglio ed incisione.
Medaglioni, mani che porgono ghirlande di fiori o che si stringono, fibbie a simboleggiare i legami…sono alcuni fra i più classici elementi.
A questo è doveroso aggiungere l’ampia produzione di monili con capelli: abilmente intrecciati dalle mani delle lavoratrici ecco comparire maglie tubolari che creavano fiocchi, gale, nodi d’amore; oppure su piccoli fondelli in avorio i capelli venivano “adagiati” a comporre paesaggi, stele funebri, salici piangenti.
E’ d’obbligo ricordare che la fotografia ai tempi non esisteva come possibilità di creare un ricordo; l’alternativa poteva esser offerta solo dalla miniatura. In quest’ottica va inquadrata questa ricca produzione che vide l’utilizzo, nella seconda metà dell ‘800, di ben 50 tonnellate di capelli.
Il risultato estetico ne determinò successo tale che ben presto questo genere di gioiello “sui generis” perse la connotazione funebre per divenire uno dei “pegni d’amore” maggiormente in uso tra le fanciulle e le donne sposate in genere. Medesimo destino toccò ai gioielli in “nero.”
Va detto che Vittoria fu per il Suo popolo non solo una grande Sovrana, ma un esempio di stile e di condotta.
Diventa infine, determinante sottolineare che la gioielleria d’epoca offre uno spaccato di vita ottocentesca che ha visto nel ceto borghese, di settecentesca nascita, la sua affermazione sociale. Nell’ostentare questa conquista, la nuova classe creò una domanda di mercato tanto ampia quanto vivace che ebbe ripercussioni nei più diversi ambiti, non ultimo quello della produzione orafa.
Non posso che esser grata dell’opportunità offertami e al medesimo tempo dell’entusiasmo visibilmente colto grazie anche alla possibilità di porgere tra le mani dei partecipanti i gioielli per meglio spiegarne e coglierne le peculiarità.
Tutto ciò a testimonianza, ancora una volta, di come l’arte intesa nella sua accezione ellenica di “amore verso il bello” sia elemento imprescindibile per apprezzare la realtà delle cose e dell’individuo nella sua interezza.
Anna Calidori – titolare della Galleria d’arte “Le Cicale Antiquariato” – corso Francia 33 –Torino
Ps. Questo è il primo intervento che l’amica ed esperta Anna Calidari ci propone…ma approfondire altri argomenti sul tema “gioielli”!